21 febbraio 2024

Attraversando confini: L’esperienza di Lucinda Furci tra Ricerca Biomedica e Diversity



Lucinda Furci, Business Angel di Italian Angels for Growth (IAG), è Senior Consultant presso Tempo Ritrovato Holding.Si è laureata in Scienze Biologiche a Milano e ha conseguito il PhD in Biochimica presso la Vanderbilt University, USA. Ha lavorato a importanti progetti di ricerca biomedica negli USA per poi trasferirsi in Italia dove è diventata Leader Scientist nel campo della virologia e dell'immunologia. Conosciamola meglio.

Puoi raccontarci la tua formazione accademica e il percorso che ti ha portato dalla laurea in Scienze Biologiche a Milano all’esperienza negli USA? Quali sono state le tue principali ispirazioni?

La curiosità di capire come funzionano i meccanismi che regolano la nostra vita, come funzionano gli organi e poi le cellule e giù fino alle molecole, che interagiscono fra di loro in modo perfetto e magico, è stato il motore della mia dedizione entusiastica alla ricerca biomedica.

Dopo la laurea in scienze Biologiche alla Statale di Milano ho fatto un internato all’istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri in cui abbiamo studiato gli ormoni autacoidi: piccoli ormoni che regolano il delicato bilancio fra contrazione e dilatazione delle arterie e aggregazione delle piastrine. Influenziamo il loro bilancio e influenzeremo, aterosclerosi, infarti e molte mattie della circolazione.

Hai lavorato su importanti progetti di ricerca biomedica negli Stati Uniti. Quali sono state le sfide più significative che hai affrontato durante questo periodo?

Da lì sono partita alla volta della Vanderbilt University, una delle top nel ranking delle Università USA. La Vanderbilt è a Nashville in Tennessee, la patria della musica country. Così in quattro anni, fra musica country al Grand Ole Opry e infinite ore fra provette e biblioteche, ho ottenuto il PhD in Biochemistry ed ho anche scoperto un nuovo recettore ormonale grazie alle, allora emergenti, tecniche biotecnologiche.

Quando sono rientrata in Italia era il periodo in cui dilagava l’epidemia dell’AIDS. In Italia c’erano 65.000 giovani sieropositivi, tutti con prognosi infausta. Il virus attacca proprio le cellule preposte a organizzare la risposta immunitaria contro il virus stesso…un cavallo di Troia. Al San Raffaele, in un prestigioso Dipartimento di Virologia e Malattie infettive, ho studiato come funzionano le difese immunitarie di quelle rare persone che pur essendo esposte per anni al contagio, non si infettano col virus HIV-1.

Il filone dello studio delle difese immunitarie e della lotta molecolare fra ospite e l’invasore virale o batterico è stato al centro della attività di ricerca del mio gruppo sostenuta da grants nazionali, Europei e dell’NIAD.

Dopo il tuo ritorno in Italia, hai assunto il ruolo di Leader Scientist nel campo della virologia e dell'immunologia e ti sei avvicinata al mondo degli investimenti. Come nasce la scelta di diventare business angel e di entrare in IAG?

Negli ultimi anni di ricerca ho messo a punto un probiotico in grado di amplificare la produzione di antibiotici prodotti naturalmente dall’intestino umano. Ho anche dimostrato in vivo che può bloccare varie infezioni intestinali che normalmente hanno esito infausto.

Il progetto era decisamente promettente. Ho convinto degli investitori per far partire la seed, ma il progetto si è bloccato di fronte a dispute con l’ente ospitante sulla gestione del brevetto e della proprietà intellettuale.

Questa esperienza mi ha avvicinato al mondo delle startup e dell’Angel Investing, che mi ha affascinato fino a voler partecipare in prima persona a questa avventura.

Il tema della diversità è sempre più rilevante nei contesti accademici e professionali. Qual è il tuo punto di vista sulla diversità nel settore del Life Science?

Posso dire con certezza che la qualità della ricerca in Italia in questi anni è cresciuta in modo esponenziale con laboratori organizzati e attrezzati tanto da competere con le migliori strutture europee e americane.

Non si può dire altrettanto per quanto riguarda le pari opportunità. Gli ambienti di ricerca accademici sono ancora pesantemente affetti da baronia e nepotismo. Le donne sono tutt’oggi in minoranza e non bastano talento e competenza per farle accedere ai livelli più alti della gerarchia; c’è sempre bisogno del supporto diretto o indiretto da parte dell’establishment maschile.

In che modo gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo del Life Science possono favorire la realizzazione di scoperte scientifiche rivoluzionarie e promuovere avanzamenti significativi nel campo della medicina?

La ricerca medica dipende inevitabilmente dai finanziamenti e cresce proporzionalmente a questi. Il finanziamento privato in startup life-science dovrebbe privilegiare le iniziative slegate dal mondo accademico, per aiutare a superare il limite italiano in cui la maggior parte dei finanziamenti sono filtrati da questo mondo. Che, come ho già detto, non è strutturato per offrire pari opportunità.