12 dicembre 2022

La forza della diversità - Carolina Gianardi e Silvia Pugi



Eppur si muove. In un mondo a trazione prevalentemente maschile, le fila delle donne iniziano a ingrossarsi. «E si ingrosseranno sempre di più» - affermano convinte Carolina Gianardi e Silvia Pugi, due donne che, per carriera, sono sempre state circondate da uomini. La prima, Vicepresidente e General Manager della divisione Global Commercial Service di American Express Italia, la seconda, Head of Corporate Social Responsibility di Manageritalia.

Entrambe, appassionate di innovazione e startup. Entrambe, con un presente – e un futuro – nel mondo dell’angels investing. Carolina Gianardi e Silvia Pugi stanno contribuendo in modo significativo all’evoluzione e alla crescita di Italian Angels for Growth, ricoprendo rispettivamente i ruoli di membro del Consiglio Direttivo e componente del Comitato di Screening e seguendo come Champion alcuni progetti in cui i soci IAG hanno deciso di investire.

Gianardi, Pugi, come è nato in voi l’interesse per questo settore?

Pugi: «Ero alla ricerca di un percorso di formazione di alto livello, volevo nuovi stimoli e mettermi alla prova con qualcosa che ancora non conoscevo. Le startup mi davano – e mi danno tutt’ora – la possibilità di uscire dalla mia comfort zone e di imparare moltissimo. Ho scelto IAG perché conoscevo già parte della squadra, mi sono trovata a mio agio fin da subito. E poi, la tecnologia mi ha sempre attirata: mi ritengo un ingegnere mancata, alla fine del liceo ero indecisa sulla facoltà a cui iscrivermi, alla fine ha prevalso economia ma le materie tecnico - scientifiche hanno continuato ad avere un certo fascino».

Gianardi: «Nel 2014 ho fatto il mio primo investimento family & friends, la cosa mi è piaciuta ma ho pensato che fosse meglio entrare in un’organizzazione più strutturata. Di IAG conoscevo molte persone, era un ambiente familiare, così sono entrata ed è stato bello essere coinvolta fin da subito con un incarico nel Comitato di Screening. Un’emozione che si è ulteriormente rafforzata quando il presidente Leone, durante una cena, mi ha chiesto di entrare nel Consiglio Direttivo. Un incarico di cui sono onorata».

Cosa vi ha restituito questa esperienza e come è cambiata in questi anni l’associazione dal vostro punto di vista?

Pugi: «All’inizio, venendo dal mondo delle grandi aziende, ero portata a essere molto critica, a notare subito cosa mancava nelle startup che si presentavano, tralasciandone le potenzialità. Con IAG ho imparato a concentrarmi non su quello che manca, ma su quello che c’è e che potrebbe esserci. Da qui, ho identificato le aree per me più congeniali e ho capito in che modo avrei potuto, io stessa, aiutare questi aspiranti imprenditori a crescere».

Gianardi: «Io mi sono avvicinata all’Angels Investing puntando su due aspetti: le conoscenze nel settore di riferimento di quella determinata startup e le competenze manageriali, in termini di affiancamento e supporto. Dall’unione tra questi due elementi, deriva la mia reale capacità di accelerare il percorso di crescita di un’impresa. Per riuscire a far quadrare tutto, però, ho imparato a darmi le giuste priorità. Cosa significa? Significa che quando fai più cose, come nel mio caso, devi inevitabilmente scegliere in base al tempo che hai realisticamente a disposizione. Credo che anche questo significhi essere un role model: dimostrare che non servono eroine o wonder woman, ma che ogni donna può impegnarsi in percorsi sfidanti. Le donne spesso restano un passo indietro non perché non hanno le competenze, ma perché temono di non riuscire a dare il massimo per una serie di cause esterne. L’importante è scegliere le proprie sfide con cura e con la giusta dose di realismo, senza timore di non essere abbastanza brave. Cinque o sei anni fa, la presenza di donne in IAG era limitata, ora le cose stanno cambiando, forse proprio per questo: le donne Business Angels dell’Associazione hanno spianato la strada alle altre, hanno dimostrato con i fatti che è possibile impegnarsi in questo settore, pur dovendo conciliare più dimensioni. Inoltre, la stessa IAG ha fatto della diversità e dell’inclusione uno dei suoi valori fondanti, non solo in termini di genere ma anche di età. La diversità è sempre arricchente».

La diversity è un criterio che seguite anche quando valutate le startup?

Gianardi: «Cerchiamo di fare in modo che lo sia, anche se vorrei che questo aspetto fosse molto più strutturato in fase di screening. La verità, però, è che continuiamo a incontrare startup nelle quali la diversity non è così sviluppata. Comprendo che siamo esseri umani e che proprio questo aspetto frena la ricerca di diversità: tendiamo a unirci con chi è più simile a noi, interagiamo con persone che sono più in linea con la nostra cultura, ma è proprio dallo scambio che nasce il valore. E ribadisco che non è solo questione di genere. Un team raggiunge la sua massima qualità se è frutto di esperienze, competenze, vissuti e mindset diversi».

Pugi: «C’è stato un periodo in cui si presentavano i team e pensavo: ‘Ecco un altro gruppo di trentenni barbuti!’. Ora, si inizia a vedere qualche ragazza in più e ne sono felice. Ma, come dice Carolina, non è un tema di quote di genere, è una questione di dare spazio al merito. E questo problema lo ritroviamo nelle startup così come tra i business angels: è difficile trovare donne interessate. Probabilmente, noi donne ci buttiamo di meno, abbiamo minore attitudine al rischio e maggiore paura di fallire. Anche per questo è fondamentale far vedere che è possibile e far sì che altre donne possano identificarsi in percorsi simili ai nostri».

Entrambe siete Champion di diverse startup: cosa vi ha convinte a sostenere questi progetti nel loro sviluppo?

Gianardi: «Io sono Champion di una sola startup e questa scelta è dettata dal tempo a disposizione. Voglio, infatti, avere un dialogo continuativo con le startup che seguo, anche perché spesso si incontrano difficoltà che è importante affrontare insieme. La startup in questione è Rentuu: si occupa di digitalizzazione del noleggio dei macchinari, è basata a Londra ma è fondata da un italiano e gestisce una piattaforma tecnologica globale in rapida crescita basata sul cloud e su una rete in franchising che vale miliardi di sterline. Ha uffici in 4 paesi e oltre 300 partner nella pipeline di sviluppo, fa parte della Top 100 UK Start-Ups 2019 e ha raccolto oltre £ 1,5 milioni da investitori come Sir Stelios (fondatore di Easyjet), Pilabs VC, Boost Heroes VC, Italian Angels of Growth, ovviamente, e molti altri. Essere al loro fianco è stato sfidante fin dal primo momento: pensate, con l’esplosione della pandemia, tutta la parte dedicata al noleggio delle attrezzature per gli eventi è venuta meno e si sono dovuti riorganizzare in tempi velocissimi. Non solo, un’altra difficoltà inaspettata che ha messo alla prova la loro capacità di resilienza è stata la guerra in Ucraina: una parte del team, infatti, era basato lì, e la stessa moglie del founder è ucraina. È stato molto impegnativo, quindi, sia da un punto di vista umano che di business, ma hanno reagito con prontezza e lucidità spostando il team in pochissimo tempo per metterlo in sicurezza e per poter assicurare la continuità del servizio. È per sfide come queste che sono diventata una Champion!»

Pugi: «Io, invece, seguo 4 startup e le ho scelte per affinità con l’area di competenza e con la rete di network, possibilità concreta di accelerare il loro sviluppo e, al tempo stesso, di imparare cose nuove. In particolare, seguo Apical, piattaforma di booking dedicata a chi opera nel settore travel che consente a chiunque di accedere agli strumenti necessari a creare, gestire e vendere le proprie esperienze online in un ambiente estremamente innovativo, con sicurezza e semplicità. Anche in questo caso, il Covid è stato una sfida grandissima da affrontare, che ha generato un calo di fatturato del 98%. È stato necessario fare delle scelte dure, come lasciare a casa delle persone. Il mio ruolo è stato quello di far capire agli startupper che in certi momenti, bisogna prendere decisioni come queste, che non piacciono a nessuno, ma che sono indispensabili per consentire all’intera impresa di non chiudere. Diciamo che oltre che una manager sono stata una sorella maggiore, una coach, un’amica per loro. La seconda startup di cui sono Champion è Deliveristo, piattaforma di food delivery dedicata al B2B che digitalizza l’attuale approvvigionamento delle forniture di ristoratori e chef mettendoli in contatto diretto con i fornitori in maniera facile, veloce ed efficiente. Quando si sono presentati a IAG, non sono stati capiti al 100%. Sono oggettivamente un team atipico: i due founder vengono dal mondo del Venture Capital, hanno un passato nell’ingegneria e nella finanza. Insomma, competenze molto variegate. Proprio da queste esperienze pregresse hanno capito, numeri alla mano, che il settore della ristorazione poteva essere molto interessante e così, senza conoscerlo dall’interno, hanno deciso di lanciare una startup in questo ambito. Sono entrati come degli alieni, adesso hanno affinato il loro potenziale e sono stati molto bravi a raccogliere fondi. Infine, la terza startup di cui sono Champion è Futurely, un percorso digitale di orientamento che guida i ragazzi nella scelta universitaria e nella realizzazione del proprio futuro. Nasce dalla volontà di aiutare le nuove generazioni ad affrontare uno dei momenti che avranno maggiore impatto sul resto della loro vita. Futurely è stato sviluppato da due giovani donne, anzi: super donne! Sono italiane, laureate al Politecnico di Milano, a Harvard e MIT. Hanno costituito Futurely con il supporto di esperti dell'orientamento di Harvard, professori e referenti delle migliori scuole d'Italia;hanno creato una rete di mentors di eccellenza -giovani che hanno avviato carriere di successo in vari campiche, mossi dallo spirito del ‘Give Back’, accompagnano gli studenti nella scelta universitaria, mettendo a disposizione il loro tempo e la loro professionalità. Consapevolezza, creatività, coraggio: la proposta educativa si sviluppa attorno a questi tre principali drivers. Gli stessi che mi hanno convinta a supportare il progetto.

Infine, sono champion di AWorld, l'App che aiuta a vivere in modo sostenibile. Ciò che mi ha colpito di più di AWorld è che è un’azienda 100% italiana, che è riuscita a sviluppare l’unica App scelta dalle Nazioni Unite per la campagna ActNow su climate change e sostenibilità. In soli due anni sono diventati la soluzione di riferimento per le aziende che vogliono incentivare e misurare le azioni di sostenibilità dei loro dipendenti, ed adesso sono usati da corporate in Europa e USA.

Cosa vi sentite di consigliare ai prossimi startupper che busseranno alla porta di IAG?

Gianardi: «Identificate il bisogno sul quale volete agire, chiedetevi qual è il problema da risolvere. Oggi è come se una startup non si negasse a nessuno, ma bisogna partire sempre dal ‘Why’. Inoltre, è importante avere un mix di competenze, creare team variegati e plurimi. Non si può fare tutto da soli e si deve essere sempre pronti a reagire al cambiamento. Infine, investite sui contatti, fate un lavoro di rete, fatevi presentare dalle persone giuste alle persone giuste, altrimenti sarete un numero e sarà più difficile farvi ascoltare. Lo so perché io stessa ricevo ogni giorno decine di richieste su LinekdIn, ma non posso rispondere a tutti. Se invece conosco la persona da cui mi arriva la richiesta, è diverso».

Pugi: «Concordo con Carolina e proprio per questo suggerisco agli startupper di trovarsi dei mentors che possano accompagnarli lungo il percorso, che possano aiutarli a fare i compiti a casa. I team devono capire cosa un business angel ha bisogno di vedere per sostenere il loro progetto. Così, se arriveranno a noi con un percorso chiaro e strutturato, anche il nostro supporto potrà essere più efficace».

E a IAG cosa augurate?

Pugi: «Di celebrare i suoi primi 15 anni con una bella exit e di investire per continuare a crescere, diventando sempre più rilevante e significativa».

Gianardi: «Mi associo! Spero che IAG possa iniziare a portare a casa risultati importanti rispetto agli investimenti fatti e che nei prossimi 15 anni possa diventare un player di riferimento a livello europeo».