01 luglio, 2025

L’Angel Investing non è (solo) questione di soldi: il metodo dietro il fiuto



Mentre l’Italia riscopre l’innovazione, l’investimento angel sta crescendo - ma spesso è ancora guidato più dall’istinto che dalla consapevolezza. Essere efficaci significa fare molto più che mettere capitale: vuol dire saper leggere il rischio, sostenere le persone giuste e capire quando intervenire o fare un passo indietro. Fatto male, rallenta il progresso. Fatto bene, è una potente forza di cambiamento.

In un’Italia che riscopre l’innovazione come leva strategica per la crescita economica e culturale, investire in startup non è solo un’opportunità: è una responsabilità, è un modo concreto per cambiare le cose... È mettersi in gioco, partecipando attivamente alla trasformazione di interi settori e sostenendo le imprese che domani definiranno il mercato.

Se da una parte l’ecosistema startup italiano sta finalmente prendendo velocità, dall’altra la qualità media dell’angel investing resta disomogenea.
Per chi vuole iniziare a investire - da business angel o anche solo come LP - l’ambiente può sembrare opaco, tecnico, talvolta ostile. 

Il rischio? Bruciare capitale, tempo e fiducia. Non solo per sé, ma per l’intero ecosistema.

Se anche tu senti che è il momento di fare la tua parte, sappi che il ruolo del business angel oggi è più importante che mai. Ma farlo davvero bene - con visione, metodo e consapevolezza - richiede preparazione. Serve saper leggere il rischio, riconoscere il potenziale e valutare le persone dietro ogni progetto.

L’intuizione non basta. Bisogna avere il coraggio di formarsi, confrontarsi, crescere.

Ma quindi… chi è davvero un business angel?

No, non è (solo) “quello con i soldi”.
Un angel è il primo a scommettere su un’idea quando è ancora fragile, è il primo ad assumersi il rischio. È quello che ci mette capitale, sì, ma anche testa, tempo, contatti, esperienza. E questo può fare tutta la differenza.

Spesso, nel nostro ecosistema, la figura del business angel viene percepita come secondaria rispetto ai fondi di venture capital. Ma i numeri (e i founder) raccontano un’altra storia.

Un buon business angel può cambiare il destino di una startup. Un investitore impreparato, anche con le migliori intenzioni, può rallentarla.

Il problema? Troppa passione, poca preparazione

Negli ultimi anni, investire in startup è diventato trendy. Aumentano i round, i capitali, i fondi. Ma dietro l’entusiasmo, si nasconde una verità scomoda: il venture capitalist è uno dei mestieri più complessi. E come ogni mestiere complesso, non si può improvvisare.

È proprio per questo che diamo ai nostri angel (e non solo) un’opportunità di colmare il divario tra entusiasmo e competenza: Venture Play, il percorso formativo dedicato a chi vuole guidare il cambiamento, invece che limitarsi a osservarlo.

Venture Play by IAG: l’esperienza che mancava

Che tu stia valutando il tuo primo investimento o voglia rafforzare un approccio già avviato, qui trovi strumenti, linguaggi e metodi per agire con consapevolezza. 

Niente teoria noiosa. Niente manuali da studiare a memoria.
Venture Play è pratica, è esperienza concreta, costruita attorno a ciò che accade davvero sul campo.

Workshop interattivi, casi reali, confronto diretto con founder e investitori: si lavora su situazioni autentiche, si analizzano errori, scelte, strategie. L’obiettivo? Fornire strumenti operativi, immediatamente applicabili.

Il tutto in un contesto dinamico e aperto, dove formazione e confronto si intrecciano.
Un’opportunità reale per entrare in contatto con professionisti di alto livello, condividere visioni e costruire relazioni che contano.

Cosa ti porti a casa?

  • Una tesi chiara è un vantaggio competitivo 

Basta investimenti "a naso", seguendo l’intuito o l’entusiasmo del momento. Senza una tesi di investimento, è difficile creare coerenza, attrarre i founder giusti, posizionarsi in modo chiaro nel mercato.
Costruisci una tesi di investimento che rispecchi te, i tuoi interessi e i tuoi valori:
Perché questo mercato? Perché questo tipo di founder? E cosa porto io al tavolo?

  • Scouting e selezione: dire di no è un’arte

Sapere leggere i pitch, capire cosa cercare, individuare i red flag, valutare team e trazione nei primi minuti sono abilità essenziali. E soprattutto, serve costruire un filtro personale per evitare di farsi travolgere dal rumore. Saper dire “no” al progetto sbagliato vale quanto dire “sì” a quello giusto.

  • Il portafoglio è tutto

La regola è brutale: pochi investimenti generano la maggior parte dei ritorni.
Serve equilibrio tra numero di investimenti, dimensione dei ticket, tempi di ingresso e follow-on. I giusti modelli aiutano a pensare in modo probabilistico, e non emotivo (spoiler: il barbell non è solo per la palestra e la power law sarà il nostro mantra).

  • Oltre i soldi: il valore reale per i founder

Sempre più founder scelgono i propri investitori non solo per il capitale, ma per il supporto che sanno dare. Un buon angel sa quando aiutare e quando farsi da parte, costruisce network utili, apre porte. E spesso è proprio questo valore “invisibile” a fare la differenza tra una startup che cresce e una che si arena. 

  • Come parlano i fondi VC?

Se vuoi investire con loro, devi capire come ragionano, come leggono il mercato, quali metriche usano, come strutturano i veicoli di investimento. È un altro mestiere, ma conoscere entrambi i lati del tavolo è un vantaggio competitivo importante.

Non serve un pedigree da investitore… 

…serve voglia di imparare, visione e determinazione a contribuire davvero.

Il futuro dell’innovazione italiana ha bisogno di business angel pronti a guidare il cambiamento. E se il prossimo a fare la differenza fossi proprio tu?

Venture Play partirà a settembre 2025! Ci sarai? Iscriviti qui!