21 luglio 2021

Barbara Falcomer: "Promuovere la diversità per sostenere l’innovazione"



“Come investitori abbiamo la possibilità e la responsabilità di guidare le startup verso una maggiore diversità”.

Barbara Falcomer ha al suo attivo più di 25 anni di esperienza manageriale nel settore del lusso, di cui 10 come Amministratrice Delegata di Montblanc Italia. Ha lavorato inoltre in Mediaset, Beiersdorf e Coty. Dal 2015 è impegnata come consulente senior e business angel nei settori lusso, fashion e retail con Italian Angels for Growth e Fashion Technology Accelerator, dove ha saputo coniugare con successo visione strategica e realizzazione efficace di nuovi progetti. Da gennaio 2017 è Direttrice Generale di Valore D, associazione no profit di imprese che promuove l’equilibrio di genere, la diversità e la cultura inclusiva nelle organizzazioni.

In questa intervista scopriremo il suo background, la sua passione per il mondo dell’innovazione con un focus sul tema della parità di genere.

Qual è il tuo background?

Per quanto riguarda la formazione ho per così dire ibridato la formazione umanistica – ho una laurea in Lingue e Letterature straniere – prima con un master in marketing e comunicazione e poi con un MBA in general management all’Insead. I miei primi 25 anni di vita professionale li ho trascorsi in aziende multinazionali, come manager nel marketing e retail, il mio ultimo incarico nel mondo profit, durato oltre 10 anni, è stato amministratore delegato di Montblanc Italia.

Sono una persona molto curiosa e ho bisogno continuo di nuove sfide, sono sempre stata desiderosa di apprendere cose nuove secondo l’adagio “impara l’arte e metti da parte” così ho imparato anche a programmare in linguaggio SQL e mi sono formata per diventare business coach. Alcuni anni fa ho frequentato il programma executive InTheBoardroom di Valore D, per acquisire le competenze di governance, legali e le cosiddette “soft” per essere una consigliera di amministrazione preparata. E così che ho conosciuto l’associazione in cui lavoro da quasi 5 anni. Qui ho trovato una sintesi che mi corrisponde molto: è un’associazione di aziende quindi mi trovo nel mio ecosistema preferito,  a cui sento di appartenere e del quale amo l’orientamento al fare, il linguaggio, il metodo e al contempo l’obiettivo non è puramente economico-finanziario, lavoriamo per uno sviluppo sostenibile, per eliminare il gender gap e favorire una cultura di inclusione e valorizzazione delle diversità, consapevoli che per le aziende tutto questo rappresenta un fattore di innovazione, competitività, crescita. E in questo modo lavoriamo anche per il progresso culturale e sociale.

Perché hai scelto di far parte di IAG?

Per più ragioni.

Volevo essere esposta all’innovazione tecnologica e di business, in modo pragmatico e non teorico, per imparare e restare aggiornata in un mondo che cambia velocemente.

C’è bisogno di sostenere l’imprenditorialità in Italia. A me il mondo dell’impresa piace molto, amo l’ambizione di costruire qualcosa di nuovo, l’entusiasmo e la voglia di vincere, e in IAG ho l’opportunità di sostenere imprese nascenti, sia economicamente sia mettendo a disposizione competenze, esperienza e il network che ho costruito in tanti anni, restituendo e rimettendo in circolo quello che può essere utile alle nuove startup. Mi dispiace solo che il poco tempo a disposizione non mi consente di dedicare più energia.

Infine la ricchezza del network di persone con diversi background ed esperienze, in un’ottica di scambio e fertilizzazione delle mie conoscenze e apprendimento dai colleghi. Anche in questo caso, la motivazione è la curiosità, il desiderio di imparare e conoscere persone interessanti.

Cosa apprezzi di più dei servizi offerti dalla vita associativa IAG?

La struttura del processo di identificazione delle startup con maggior potenziale e il fatto che lo screening può beneficiare di competenze molto variegate. Apprezzo anche l’organizzazione di seminari formativi e eventi di aggiornamento.

Negli anni passati sei stata la prima donna amministratore delegato del gruppo Montblanc Italia. Secondo l’ultimo International Business Report (IBR) - Women in Business 2020 di Grant Thornton International, sempre più donne al mondo ricoprono il ruolo di Ceo, anche se non cresce la presenza femminile ai vertici delle aziende. Quali cambiamenti bisogna attuare per continuare a vedere più donne in posizioni senior?

I numeri crescono ma molto lentamente, le donne CEO in Italia sono meno del 5%!  La legge Golfo-Mosca ha compiuto 10 anni e ha cambiato la fotografia del CdA delle aziende quotate, dove ormai le donne sono quasi il 40%. Tuttavia nei ruoli esecutivi non è cambiato molto. Affinché le donne accedano alle posizioni apicali è necessario garantire una pipeline di talenti, infatti la presenza delle donne nelle aziende si assottiglia man mano che si sale nei ruoli organizzativi. Ancora oggi le donne in Italia sono le principali care-giver e devono il più delle volte organizzarsi per conciliare ambizioni professionali e responsabilità  in famiglia; la cultura è ancora piena di stereotipi e di pregiudizi su ruoli maschili/femminili, su modelli di leadership, sulle attitudini di donne e uomini, ancora oggi le donne che scelgono percorsi di ingegneria, informatica, tecnologia, matematica, fisica sono solo il 18,9% dei laureati, in un mondo in cui le soluzioni scientifiche e tecnologiche stanno plasmando il futuro del lavoro e delle nostre vite le donne rischiano di rimanere indietro.

Cosa fare? Rischio di banalizzare perché il tema è complesso, do solo alcuni esempi su iniziative di breve e lungo termine: educazione fin dall’infanzia alla diversità biologica ma alla parità in tutto il resto, per cancellare gli antipatici stereotipi su ciò che è da maschio/ciò che è da femmina; condivisione delle responsabilità familiari e infrastrutture sociali che alleggeriscano il peso di cura delle donne, che spesso rinunciano ai loro sogni o ridimensionano le ambizioni, disperdendo tanto talento; cambiamento della narrativa sulle materie STEM per attrarre più ragazze a questi studi, ma anche educazione a scegliere i percorsi di studio non solo in base all’attitudine ma anche in base all’occupabilità e alla remunerazione possibile; modalità di organizzazione del lavoro più flessibili per tutti, in cui valga la performance e non il numero di ore trascorse in ufficio; introduzione di KPI e processi nel privato e nel pubblico che garantiscano selezione e promozione senza bias (pregiudizi inconsapevoli); e poi tanta comunicazione …. Vedere donne accanto agli uomini in posizioni senior e apicali, ascoltarle come speaker ai convegni, nelle giurie, leader di un partito politico, gli esempi cambiano la percezione e la cultura. E questo è un cambiamento che si fa solo tutti insieme, donne e uomini. Personalmente, grazie al mio lavoro, sto vedendo una crescente attenzione al tema della parità di genere, anche grazie all’imperativo della sostenibilità e alla crisi post-pandemia, in cui servono le migliori energie, di uomini e donne.

In IAG abbiamo intrapreso varie iniziative per valorizzare la diversity tra i soci e fornire approfondimenti sul venture capital anche per i neofiti. Perché far parte di un gruppo di investitori può aiutare secondo te ad abbattere i dubbi/timori verso il mondo delle startup?

Come investitori abbiamo la possibilità di suggerire e guidare il cambiamento verso una maggiore diversità nelle startup in cui investiamo, partendo dal presupposto che la ricchezza di punti di vista, legati al genere, al background, all’età, all’orientamento sessuale rappresenta una leva competitiva, si ha una visione più ampia del mercato, si prendono decisioni migliori. Ci sono anche tanti pregiudizi sulle startup stesse che noi possiamo mitigare con il nostro ruolo di advocates. Guardo con soddisfazione al percorso che IAG ha intrapreso in pochi anni per attrarre più giovani e più donne tra i suoi soci. Il cambiamento è stato voluto e sta avvenendo, questo fa ben sperare per quello che ciascuno di noi può fare anche fuori da IAG.

Quali consigli daresti ad una donna per lanciarsi a fare impresa?

Se una persona, uomo o donna, ha una buona idea di business che vuole portare avanti direi:

-       Fai un business plan, costruisci vari scenari e quantificali in numeri e risorse, la realtà è sempre più complessa della teoria, è utile prepararsi e avere più opzioni;

-       Crea un team di persone capaci, che abbiano le competenze necessarie, che siano appassionate e anche diverse tra loro, è l’obiettivo comune ad unire, non la somiglianza;

-       Dedica tempo al networking, costruisci e nutri una rete di conoscenze che è
indispensabile per far conoscere la tua impresa e per trovare investitori;

-       Scegli un mentor, una persona con esperienza, di cui ti fidi, con cui confrontarti e che ti faccia da specchio per conoscerti meglio e valutarti in modo più oggettivo;

-       Fatti un piano B.

Se poi avessi di fronte una donna, considerando quanto sono autocritiche le donne, aggiungerei:

-       Sii coraggiosa, non aspettare che tutto sia perfetto per partire, buttati!

A cura di: Maria Cristina Mirabello, Communication Manager IAG