21 giugno 2022

Donne e Innovazione: intervista ad Anna Amati



Anna Amati è Architetto, socia Fondatrice di META Group e di EUREKA! Venture SGR Spa, nonché membro del Comitato Investimenti di Eureka!Fund I Tech Transfer. Socia Fondatrice di Angels4Women, è Jury Member dell’EIC Accelerator Program. Membro del Comitato Scientifico dell’Istituto Italiano “Treccani”, consigliere del Teatro Stabile dell’Umbria, nonché socia di Italian Angels for Growth. Conosciamola meglio.

Puoi raccontarci qualcosa in più sulla tua esperienza professionale e sui motivi che ti hanno spinto ad avvicinarti al mondo dei business angel entrando a far parte di Italian Angels nel 2016?

A metà degli anni 2000, con META Group, stavamo disegnando i nostri primi Fondi Ingenium per investire in iniziative basate sulla conoscenza. Giravamo all’interno di Università e di centri di ricerca incontrando menti brillanti che non riuscivano a trovare la giusta finanza per portare i loro “trovati” sul mercato. In quegli anni, ebbi la fortuna di incontrare l’ambasciatore americano in Italia, Ronald Spogli, che stava organizzando un viaggio di alcuni imprenditori negli Stati Uniti per far conoscere l’Angel investing. A quel viaggio partecipò mio fratello Luigi, Presidente di META Group. La storia poi la conoscete. Luigi, insieme ad alcuni compagni di viaggio, decise di fondare IAG. Da quel momento ho fatto investimenti insieme a Luigi tramite IAG subentrando poi a mio fratello nel 2016.

Quest’anno IAG festeggia 15 anni dalla sua nascita. Cosa ricordi con maggior piacere di questi anni di crescita del network?

In generale la passione e l’entusiasmo dei soci IAG, la loro esperienza e la voglia di scommettere per costruire un Paese migliore, capace di indebolire la mediocrità grazie al talento, all’impegno e all’intuizione di persone brillanti ed alle risorse e competenze messe a disposizione dai soci. In particolare, poi, più di recente ho apprezzato l’unione con il nucleo di BAs romano e l’impegno per incrementare la presenza di donne, promossa negli ultimi anni.

IAG oggi rappresenta un radar e punto di contatto con l’ecosistema innovazione. La collaborazione tra tutti gli attori dell’ecosistema è fondamentale per assicurare alle startup investimenti, mentorship e supporto alla market entry. Ciò si traduce in minor rischio e massimo risultato per tutti gli attori in gioco. Con EUREKA! Venture SGR Spa, di cui sei fondatrice, favorite il trasferimento tecnologico italiano in investimenti early stage che hanno origine principalmente in Università e Centri di Ricerca. Perché è fondamentale investire nella ricerca italiana?

Ho scommesso in prima persona, insieme a META Group, a Stefano Peroncini, a Salvatore Majorana e a Massimo Gentili nel lancio della “EUREKA! Venture SGR” e nella costruzione del primo fondo Eureka! Tech Transfer I, scegliendo i materiali avanzati quale focus d’investimento. Vivo a Terni e fin da piccola ho sempre respirato, la forza e le potenzialità (e anche i rischi) di queste tecnologie abilitanti nella produzione di valore e d’innovazione per le aziende e per il territorio in cui le stesse operano. Ho avuto la fortuna di creare META dal 1992 insieme ad un gruppo di ricercatori brillanti, con esperienze internazionali, alla ricerca di strumenti per migliorare la qualità della vita ed il benessere delle persone e dei territori. IAG, come i Fondi Ingenium e come ora EUREKA!, riflettono questo principio di base: favorire la nascita di startup grazie all’investimento nella valorizzazione dei risultati della ricerca generata dalle ricercatrici e ricercatori delle Università e dei Centri di Ricerca, al fine di ottenere il ritorno sugli investimenti e, contemporaneamente, creare un forte impatto sulla società.

Nominata da Wired tra le dieci donne italiane più innovative del 2015 e vincitrice del premio internazionale le “Tecnovisionarie 2016”, quali consigli daresti ad una donna che volesse intraprendere un percorso imprenditoriale all’insegna dell’innovazione?

Dare consigli è un’arte difficile e delicata! Trovare la propria strada attiene alla persona, alle sue ambizioni, sogni, competenze, modi di essere e valori. Quello che possiamo fare nei nostri ecosistemi è raccontare le nostre esperienze, da dove siamo partiti e dove siamo arrivati, quali sono stati gli elementi di soddisfazione che hanno segnato la nostra vita ma anche quali sono stati i momenti di difficoltà e come ne siamo usciti. In generale l’esperienza che posso condividere con le donne che vogliono fare impresa è di non pensare di essere donna ma di concentrarsi fin da subito sullo sviluppo di un prodotto/servizio capace di raggiungere un mercato importante in tempi rapidi. Non voglio banalizzare, dicendo che il percorso sia facile ma credo nel detto che non ci sono limiti se non quelli che ci poniamo. Più in generale il mio sogno, da tempo, è quello di vedere presto “cadere” l’aggettivo femminile oggi presente per sottolineare ancora una diversità.

Architetto, moglie e mamma di tre figli, imprenditrice. Ami i giovani, “soprattutto quelli dallo spirito imprenditoriale e dalle scarse risorse che vanno incoraggiati”. Sei la dimostrazione di come sia possibile conciliare vita privata, imprenditoriale e l’attività di Angel e Founder. In Italia, e nel mondo, siamo ancora lontani da un fenomeno generalizzato di coinvolgimento femminile nel mondo dell’angel investing. Come abbattere questi limiti, rovesciando i tradizionali modelli sociali e familiari, e avvicinare sempre più donne al mondo degli investimenti?

Se guardo indietro, ai primi anni ’90 quando sono partita, la situazione era decisamente peggiore di quella attuale, non c’erano modelli di riferimento, non si parlava di innovazione e tanto meno di startup. La valorizzazione della ricerca poi da molti era vista come “il diavolo”. In pochi capivano il valore del portare “il trovato” della ricerca nel mercato in termini sociali e d’impatto per le comunità. Le nuove tecnologie hanno permesso di confrontarsi con esperienze estere e di accelerare alcuni processi, silenziosi ma inarrestabili, favorendo la diffusione di nuovi modelli, strumenti e contenuti formativi. Rimangono oggi certamente limiti culturali, legati a modelli formativi del tutto inadeguati rispetto ad un mondo in continuo movimento e limiti sociali, quali la mancanza di servizi alla persona, rispetto ai quali la migliore soluzione è non tanto il lamentarsi quanto “il fare”, il creare occasioni, il comunicare, il costruire modelli più efficaci. Credo che IAG, in quest’ultimo periodo in particolare, abbia raccolto questa sfida e questo impegno nel “fare”, dedicando tempo e risorse per accrescere la consapevolezza sociale, compresa quella delle donne, sul ruolo strategico e l’impatto generato dall’essere business angel.